Sottotitolo: la scienza dietro il clickbait
Tanto per cominciare ti chiedo scusa. Forse ho esagerato con la storia dei trucchi strani.
Questo è un articolo che parla di clickbait, e il suo titolo è un perfetto esempio di clickbait.
Come dire: “oggi vi spiego come mangiare di meno, mentre gustiamo insieme una deliziosa torta al cioccolato”.
Non è proprio così. Tanto per cominciare c’è clickbait e clickbait.
C’è quello che ti dà un titolo che ti porta fuori strada. La sensazione è che tu sia stato irrimediabilmente fregato: ti è stato promesso di scoprire il trucco per l’eterna giovinezza e invece hanno provato a venderti una crema per i brufoli. Ti hanno promesso di conoscere i segreti per fare cadere ogni donna ai tuoi piedi, confermandoti poi che l’unica tecnica possibile è quella dello sgambetto.
La sensazione, molto frustrante, è quella di aver perso il tuo tempo e di essere caduto in trappola.
Dicevo: c’è il clickbait cattivo, quello che appunto disattende le sue promesse, e quello accettabile, che invece fa leva sulla curiosità. Quello che aggiunge del pepe a un contenuto che si suppone essere di valore.
È lo schema di molti “outlet” di informazione online, che ha decretato l’ascesa imperiosa di siti come Buzzfeed e Boredpanda.
Perché siamo così attratti dal clickbait?
Per capire un po’ meglio l’arte della persuasione dobbiamo capire prima, giusto per sommi capi, come funziona la nostra mente. I cognitivisti negli ultimi decenni hanno fatto degli enormi passi avanti.
Kahnemann, psicologo israeliano e premio nobel per l’economia, divide i nostri pensieri in lenti e veloci.
I pensieri veloci: fanno parte di un sistema che opera di fretta, con il minimo sforzo.
I pensieri lenti: fanno parte del sistema i processi mentali che ci impegnano, che richiedono fatica e focalizzazione.
Il primo sistema è quello dell’istinto, quello che ci fa reagire a stimoli che già conosciamo, primordiali.
Il secondo è dispendioso, richiede sforzo e se possiamo evitarlo rimanendo in “Sistema 1” tanto meglio per noi.
Ecco, la gran parte di chi utilizza titoli clickbait lavora sul sistema più pigro, quello dell’istinto, più facilmente soggiogabile.
Il clickbait provoca una reazione piuttosto interessante nel tuo cervello. Alle volte siamo persino consapevoli di essere manipolati, eppure continuiamo imperterriti dritti sulla nostra strada e clicchiamo.
Perché? Perché diamo un’opportunità a un contenuto che *stavolta* potrebbe non deluderci.
E siamo certi che leggere l’articolo ci dia una ricompensa.
Questa anticipazione della ricompensa induce il cervello a produrre la dopamina, neurotrasmettitore del benessere.
Non tutti i titoli “clickbait” giocano la loro partita sulla produzione di dopamina, ma quelli che fanno leva sulle emozioni stanno sfruttando questo principio.
E partiamo proprio da qui.
Uno. Emozioni
Sì, questo non è un gran segreto. Da sempre gli editor scrivono titoli che incuriosiscono. Manipolativi, se vogliamo usare una parola forte. Che fanno leva sulle nostre emozioni basilari (che guarda caso si trovano tutte in sistema 1): si tratta di rabbia, paura, eccitazione.
Dicevamo, emozioni. Sono quelle che abbassano le nostre difese e ci espongono alla reazione. E la reazione online, l’unica che abbiamo a disposizione, è il click.
Proviamo a vedere qualche esempio.
“I tre assurdi motivi per cui il governo ha alzato l’IVA e abbassato la qualità dei servizi”
Non hai un moto alla pancia? Immagino ti faccia arrabbiare abbastanza, vero?
Ecco una delle emozioni, la rabbia.
Oppure:
“Ecco come i poteri forti controllano ogni tua singola mossa con un semplice trucco”
Beh, questo oltre alla rabbia innesca anche un senso di paura. Sono controllato!
Vorrei sapere non solo se c’è qualcuno che mi osserva di nascosto, ma anche il modo in cui lo fa.
E questo è l’assist perfetto per arrivare al secondo punto della lista.
Due. Curiosità
“Ecco perché a un bambino è stato rifiutato l’ingresso a un ristorante”
Titillare la tua curiosità: la ricompensa (anticipazione della dopamina) è arrivare a sapere quello che il titolo anticipa senza spiegare.
Perché al bambino è stato rifiutato l’ingresso al ristorante?
“Guarda l’errore clamoroso che fa Claudio Baglioni sul palco dell’Ariston”
Io cliccherei a mani basse: ecco l’ho detto.
(Per quelli a cui la dopamina sta dando fastidio: Baglioni risponderebbe che l’errore è stato portare 24 artisti in gara, anziché 20 :P).
Tre. I numeri e le liste
Quante volte li abbiamo letti?
5 modi per cucinare un pollo da leccarsi i baffi
7 trucchi infallibili per sedurre una donna
15 tecniche per riordinare una casa e trovare il tuo equilibrio interiore
Le nostre menti hanno bisogno di tenere in ordine le informazioni.
Umberto Eco disse una volta che ci piacciono le liste perché abbiamo paura di morire: infatti dal punto di vista delle scienze cognitive i numeri ci aiutano a capire ciò che non comprendiamo e a descrivere il perimetro della conoscenza. Per quanto sia possibile ci si illude di circoscrivere l’infinito.
I numeri ci restituiscono quella conciliante sensazione di poter sapere tutto di quell’argomento, o quantomeno tutto quello che ci serve sapere.
Quattro. La conferma dei nostri pregiudizi
Poi ci sono quei titoli che risuonano con le nostre più intime credenze.
E se risuonano, se parlano di noi non solo ci viene più facile cliccare, ma persino condividere.
Nell’atto di condividere stiamo dicendo al mondo: ecco questo sono io.
E non solo, stiamo anche confermando che le nostre tesi, quelle che spesso portiamo avanti con grande passione. E che ora sono avvalorate da una fonte esterna.
Che poi questa fonte sia affidabile, spesso è un optional.
Perché votare per Obama è stata la migliore decisione della tua vita.
Oppure, peggio:
Le 3 prove inequivocabili per cui il primo sbarco sulla luna non è mai avvenuto
Se siamo amanti delle teorie del complotto, questo sarà il nostro pane. Cominciamo a sbavare non appena leggiamo il titolo e il clic avverrà da lì a poco. Il lato oscuro del clickbait è ahimè quello dell’alimentazione del mercato delle fake news.
Leggi anche: Proteggi i tuoi social dalle bufale: come riconoscerle
Quindi? Possiamo aggiungere un po’ di pepe ai nostri titoli magnetici?
Se il titolo di questo articolo fosse quello del sottotitolo “La scienza dietro il clickbait” possiamo supporre che alla fine della fiera avrebbe meno visualizzazioni. È anche vero che forse il titolo è andato un po’ oltre la curiosità (ti ho già chiesto scusa, vero?).
Cosa fare dunque?
Sicuramente non promettere ciò che non possiamo mantenere. Se però vogliamo dare un tocco di curiosità in più, aggiungere qualche aggettivo che renda più “cliccabile” un contenuto di alta qualità. Beh, consideralo.
In fondo il titolo “7 Modi Pratici di Mangiare Cibo più Salutare per l’Anno Nuovo” di Buzzfeed condisce un articolo che non delude le aspettative. Ma la tua curiosità (e il tuo fisico) avranno rilasciato dopamina quel tanto che basta per fartici cliccare.
Esiste un tool creato da co-schedule (in inglese) che valuta l’effettiva presa che ha un titolo assegnandoti un punteggio e dei consigli. Per quanto non va preso alla lettera potrebbe essere un buon modo per esercitarsi nella controversa arte del titolo ad effetto! Provalo qui.
Una versione inglese del nostro titolo “4 Stunning Techniques for Headlines that will Blow Your Mind” ha preso un discreto 83. Sai fare di meglio?
E tu? Hai mai usato il clickbait nella tua strategia di contenuti?
Autore: Antonio Parlato
Pedigree da ingegnere, propone variazioni sul tema di web writing, copywriting, content marketing, dissertazioni tecnologiche e tecnoillogiche.