“Buongiorno!!!! Siete pronti per partire alla grande?”. No, non sto dando di matto. Sto tentando di calarmi nella parte per affrontare questo articolo nel modo migliore.
Non è facile farlo, lo ammetto. Tra orrori ortografici, punteggiature sconnesse, emoticons a caso e scritte glitterate, il primo pensiero è quello di fuggire via, lontano, dove gli smartphone non prendono e i social media non hanno motivo di esistere.
Eppure no, bisogna affrontare la realtà una volta e per tutte. È arrivato il momento di chiudere il dizionario, buttare al vento anni di studio sul content design e immaginare l’Accademia della Crusca come un covo di giocatori di briscola.
Sì, perché quello del buongiornissimo kaffè (o buongiornismo) è un fenomeno davvero duro a morire e parlarne ricade – ahimè – nell’ineludibile sfottò degli addetti ai lavori.
Se il buongiornissimo si vede dal mattino…
Se sia nato prima l’uovo o la gallina non è ancora ben chiaro. Come non è chiaro chi sia stato il primo a inviare un meme con gattini sorridenti teneramente inzuppati in una tazza di caffè, pronti ad augurare il buongiorno ad amici e parenti.
La timidezza iniziale, dovuta all’ingresso nell’ignoto mondo delle reti sociali, non li ha certo fermati. Così, gli utenti tra i 40 e i 50 anni più all’avanguardia – di punto in bianco – si sono decisi a popolare le bacheche di Facebook per condividere il loro originale punto di vista sulla vita, scatenando un effetto boomerang che ha coinvolto (o meglio, travolto) proprio tutti.
Ma facciamo una pausa e sfatiamo subito una credenza comune: il fenomeno del “buongiornissimo kaffè” non colpisce soltanto le mamme e le zie dei millennials, ma anche i millennials stessi.
E non influenza soltanto i profili privati, ma anche le pagine business, che anziché pubblicare contenuti interessanti e di qualità per la propria audience (scovati da soli o con strumenti eccellenti come Spidwit) cadono nel tranello del Buongiornissimo.
E non pensare che i 30enni siano esonerati da questo incessante fiume in piena.
Ma quali sono i motivi di questo complotto contro i poveri social media manager?
I motivi del risveglio: un colpo all’estetica, un altro al cuore
A pagarne le conseguenze sono alcuni tra i social media più noti come Facebook, ma anche applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp. Studiare il proprio pubblico e i contenuti che questo condivide è fondamentale, anche quando si tratta di contenuti che distruggono le retine e fanno venire il mal di pancia.
Meglio accettare il fatto con la dovuta ironia, perché – nonostante il disappunto – la maggior parte dei post condivisi dalle pagine con largo seguito sembrano creati dal “cugino del social media manager” più che dal social media manager stesso.
Questa piaga, che colpisce trasversalmente tutti i fruitori dei canali social, presenta sempre delle caratteristiche ben precise:
- uso sconsiderato della punteggiatura;
- presenza di orrori ortografici degni di nota;
- inserimento a caso di emoji e stickers;
- assoluta noncuranza delle regole di abbinamento dei colori;
- prolungamento irrazionale delle vocali a fine di parola;
- utilizzo spasmodico del caps lock;
- creazione di neologismi cacofonici ed espressioni gergali illogiche;
- naturale propensione per la condivisione delle fake news;
- realizzazione di immagini kitsch e obiettivamente brutte.
Ma cos’è davvero che porta alcune pagine di Facebook a oltrepassare l’inaspettata soglia delle centinaia di migliaia di iscritti?
Il mood positivo del meme con caffè e gattino
Che buongiorno sarebbe senza l’immagine di un caffè, simbolo indiscusso dell’adunata sociale?
Se poi ci mettiamo un gattino, capace di fermare anche un esercito di militanti sanguinari, allora il gioco è fatto.
Quante cose reggono il confronto con un gattino seduto accanto ad una tazzina di caffè ignaro del proprio destino, che augura il buongiorno agli utenti attraverso una Call-To-Action scritta in giallo evidenziatore, invitandoli a interagire con commenti e condivisioni?
Te lo dico io: poche.
È la positività che conta, mica la scritta orripilante collocata su un’immagine sgranata o l’abbattimento di qualsiasi forma di rispetto per la netiquette di un social media. Che poi, una netiquette esiste eccome: se non auguri il “buongiornissimo” non sei neppure degno di far parte del club.
L’incisività del meme identitario e la lotta alle “persone falze”
Riconoscersi in un ideale, condividerne i valori e “combattere” uniti per vederli pian piano concretizzarsi. Se questi meme avessero la stessa carica coinvolgente e la stessa efficacia anche sui post relativi alla salvaguardia del pianeta o alla lotta all’analfabetismo funzionale, il mondo sarebbe un posto migliore.
Ma no, i meme identitari di successo sono quelli contro le “persone falze” che vengono bannate dalla propria vita attraverso una “pulizia kontatti” semi-permanente.
Basta un selfie, un luogo comune e una frase ad effetto per richiamare l’attenzione di orde di seguaci pronte a dire la propria e a condividerne gli intenti, alimentando un’inesauribile fonte di meme uguali e privi di contenuti rilevanti.
L’adorazione del trash e dei rituali scaramantici
Complici reality e programmi tv sprovvisti di senso della misura in cui personaggi, più o meno noti, si ergono a paladini di nuovi e triviali modi di comunicare. Il buonsenso è un retaggio del passato.
Nascono slogan a destra e a manca: servirsi dei più reconditi aneddoti del patrimonio nazionalpopolare, poi, è sempre un asso nella manica da tirar fuori al momento più opportuno.
E non dubitare del potere dei meme antisfiga, magari accompagnati da un santino, perché la gente non vede l’ora di debellare i propri demoni porta-sfortuna condividendoli a mo’ di spam per aumentarne l’efficacia.
Ma, al di là di tutto, gliela diamo vinta: i social media manager dovranno farsene una ragione.
Autore: Clara Amico
Classe 1989. A volte scambio un pennello per una penna e inizio a
dipingere parole. Sono SEO copywriter, blogger e cacciatrice di
refusi. Ho iniziato a coltivare il mio amore per la scrittura
collezionando penne dall’età di tre anni. Oggi, vivo soltanto di
parole e la qwerty è diventata la mia penna più preziosa.