[Questo post è stato aggiornato a Gennaio 2016 e verrà aggiornato periodicamente, un po’ come l’algoritmo Edgerank al quale si ispira]
C’era una volta l’EdgeRank. E poi niente, l’Edgerank è scomparso. Trasformato, amplificato, reso complesso da mille variabili che solo i tecnici di Facebook, e forse neanche loro, riconoscono più con precisione.
Definizione breve di EdgeRank per i neofiti: è l’algoritmo di Facebook che determina(va?) la visibilità di un post all’interno del newsfeed degli amici e quindi la cosiddetta reach, ossia la portata dei propri post.
Ma cominciamo dai tempi di “libero amore” di Facebook, ovvero quando è stato introdotto il “realtime newsfeed“, nel lontano 2009. Questa miracolosa funzionalità, che ci mostrava le pubblicazioni aggregate e in tempo reale di TUTTI i nostri amici (e qui immaginiamo i sospiri dei proprietari delle pagine), aveva il piacevole effetto di incrementare sensibilmente il numero di interazioni come like e commenti.
D’altro canto, il rumore generato dal vedere tutti i post pubblicati da tutti, creava disordine e poteva determinare la mancata lettura di aggiornamenti interessanti, a favore di altri meno importanti.
La (vecchia) formula dell’Edgerank
Pare che, se è vera la storia delle 7 donne per ogni uomo, possa essere vera la statistica che per ogni utente che si collega a Facebook ci siano 1,500 storie destinate ad aspettarlo. Un numero difficile da gestire, una vera indigestione di informazioni che Facebook decide di restringere a una media di 300, grazie all’Edgerank, introdotto nel 2010.
La sua formula dice che la visibilità dei post dipende essenzialmente dal prodotto di 3 fattori.
- u – Un punteggio di affinità (affinity score). Pesa la “vicinanza” con la persona che ha creato il post: questo punteggio è legato a vari fattori come la frequenza con cui si interagisce, il numero degli amici in comune e così via. Poco conta sia il tuo dirimpettaio: se non ci parli, per Facebook è destinato all’oblio.
- w – Il peso. Ogni azione ha un peso differente: una foto, un link, un like non hanno lo stesso “valore”.
- d – Il tempo di decadimento. L’edgerank non è come il vino buono. Più il post invecchia, più potrebbe risultare sgradito, irrilevante o obsoleto.
Se conosci la formula, sai già di che parlo. Se non l’hai mai vista, evita di fartela piacere. L’Edgerank (almeno così come si era conosciuto nel lontano 2010), oggi non esiste più. Al suo posto un algoritmo molto più complesso che prende in considerazione centinaia di fattori, pochi dei quali resi pubblici: Facebook ha però confessato che i tre fattori iniziali continuano comunque ad esistere e ad essere considerati importanti all’interno del mix.
Una lotta senza quartiere per la migliore esperienza utente
La storia e i cambiamenti sul NewsFeed sono scanditi dai post pubblicati su un blog che Facebook stessa aggiorna per comunicare con i propri utenti.
- 6 Agosto 2013: Story Bumping & Last Actor – Si diceva che a differenza del vino buono, i post di Facebook non invecchiano bene. Lo Story Bumping serve proprio ad evitare che il vino diventi troppo presto aceto. Se un post continua a ricevere dei like, potrebbe essere “tirato su” in newsfeed e potresti dunque vederlo a distanza di tempo. Il Last Actor invece tiene a mente delle ultime 50 interazioni per fornire in maniera intelligente del contenuto più gradito.
- 23 Agosto 2013: Contenuti di qualità – Quello dei contenuti di qualità sembra essere il mantra dei big player digitali. Vengono premiati gli status in base a centinaia di fattori di merito: similarità tra pagine, quante volte il contenuto è stato marcato manualmente come non buono, e così via.
- 2 Dicembre 2013: Più articoli di qualità meno gattini – Dopo un sondaggio, il pubblico di Facebook si è mostrato più interessato a notizie di qualità provenienti da fonti apprezzate, piuttosto che migliaia di meme e derivati, che ad un certo punto avevano cominciato a sovraffollare i newsfeed.
- 21 Gennaio 2014: Largo agli aggiornamenti testuali – Facebook ha notato che ricevendo più status text, si è più spronati a condividere i propri. Quindi largo (e più reach) ai contenuti testuali… Eccezion fatta per le pagine. Per le quali si è consigliato di non usare post conditi con brutti link testuali ma link post con anteprima, forieri di un engagement maggiore.
- 25 Agosto 2014: Guerra al Link Bait – Il link baiting è quella malsana abitudine adottata da alcune testate che attraggono click e visitatori utilizzando l’esca di post che accennano alla notizia, e foto incomplete condite da messaggi fin troppo poco subliminali (“clicca qui per sapere chi è scivolato su una buccia di banana al Quirinale”). Facebook dichiara dunque guerra all’informazione di bassa lega.
- 14 Novembre 2014: Riduzione di post promozionali – Per tutte quelle pagine Facebook che un post su due mostrano prodotti con sconti straordinari, immancabili occasioni, ricchi premi e cotillons: meno reach e un’anatema da Facebook. Se proprio volete sovraesporre i vostri fan con della pubblicità, pagatela.
- 20 Gennaio 2015 – Meno Spam e Notizie Fake – Abbiamo assistito nell’ultimo anno un fiorire di siti di finte notizie, ricordiamo il fenomeno ricorrente delle morti false di personaggi famosi. A parte i gesti apotropaici delle vittime (il povero Bruno Pizzul tra questi, per citarne uno), speriamo queste finte notizie allunghino loro la vita. Facebook invece dichiara guerra anche a questo fenomeno, cercando di non confondersi invece con siti di dichiarata satira: Lercio non si tocca.
- 21 Aprile 2015 – Evviva gli amici, quelli veri. Questo cambiamento dell’algoritmo suona come l’ennesima minaccia alla reach delle pagine: gli amici, quelli più importanti, vincono su tutto e hanno più spazio nella parte alta del newsfeed, a discapito delle pagine. Inoltre se una persona pubblica molti post, i suoi contenuti non verranno mostrati tutti insieme, ma bilanciati insieme ad altri.
- 12 Giugno 2015 – Chi ha tempo aspetti tempo: i ricercatori di Facebook hanno scoperto che Like, Share e Commenti non sono le uniche variabili a rendere più interessante un post agli occhi degli utenti. Anche il tempo in cui ci si sofferma a guardare un post rispetto a quello che si spende a osservare gli altri (anche senza aver preso azioni sui post), farà sì che Facebook mostri più contenuti di quel tipo in futuro. Viene comparato il tempo di osservazione tra i vari post per far sì che variabili esterne, come una connessione lenta, non falsino i risultati.
- 29 Giugno 2015 – Segnali Video: Anche se gli utenti non mettono un like, non condividono o commentano un video, ci sono certe azioni che determinano il gradimento del video stesso: ad esempio attivare l’audio, o attivare lo schermo pieno per la riproduzione del video. Questo segno di gradimento farà sì che Facebook mostri contenuti simili in futuro.
- 31 Luglio 2015 – Per chi gioca (troppo) a Nascondino: La funzione “nascondi post” è sempre stata considerata come un forte segnale di scarso gradimento di un contenuto. D’altra parte è stata rilevata una piccola percentuale di utenti che fa un utilizzo molto frequente della funzione “hide” non identificata come “non mi piace il post”, ma come abitudine personale, forse cattiva, persino su post sui quali magari s’era messo like in precedenza. Per queste persone la funzione viene pesata in maniera inferiore, con l’effetto di far apparire più post anche delle pagine e utenti che vengono abitualmente nascosti, perché riconosciuta la non volontà nell’evitare quei post.
- 6 Ottobre 2015 – A ogni connessione i suoi contenuti. Il newsfeed mostrerà contenuti adatti, in base al dispositivo e alla connessione utilizzata degli utenti. A reti lente non possono corrispondere contenuti pesanti, come ad esempio video. Questo può accadere soprattutto nei paesi emergenti che utilizzano ancora tecnologie non avanzate (come il 2G).
- 8 Ottobre 2015 – Ad ogni Reazione corrisponde un’azione… Facebook sta testando in alcuni paesi la possibilità di testare le reazioni ai post con degli stati speciali, che avranno inizialmente lo stesso peso del like. In futuro, in base anche all’esperienza utente, verranno tarati e pesati per mostrare un numero maggiore o inferiore di post simili a chi ne fa uso. Amore, arrabbiatura, sorpresa e altri tipi di reazione vengono rilasciati da Facebook in varie country per testarne l’uso, in questi ultimi mesi.
- 4 Dicembre 2015 – Virale = Virus? Risponde un survey. Nel decidere cosa mostrare o meno agli utenti, Facebook utilizza dei survey per chiedere quali tipi di post vengano preferiti ad altri. In base ai risultati viene data all’utente un’esperienza d’uso del newsfeed totalmente personalizzata. In particolare è stato effettuato un test per cui molti utenti preferiscono vedere meno post “virali” e più notizie pertinenti ai propri gusti (spesso ciò accade perché tra i post “virali” si nascondono tante notizie false o “scam” create per suscitare clamore e click).
Facebook continuerà ovviamente a modificare i propri algoritmi con l’intento di voler dare più spazio ai contenuti che reputa migliori per i propri utenti.
E le Pagine Social? Facebook vuole farmi pagare per raggiungere i fan che ho già pagato per avere!
Il progressivo decadimento della reach sembrerebbe dimostrare una precisa volontà di Facebook nel voler aumentare i propri guadagni, obbligando i possessori di pagine a mettere mano al portafogli.
Proprio chi gestisce pagine si lamenta di aver investito soldi per campagne di acquisizione like, per poi dover pagare ancora una volta Facebook per arrivare ai propri fan, irraggiungibili organicamente: danno, dunque, e beffa!
A dare forza a questa tesi uno studio di SocialBakers:
– Feb 2012 = 16%
– Sep 2013 = 12.60%
– Nov 2013 = 10.15%
– Dec 2013 = 7.83%
– Mar 2014 = 6.51%
Questi numeri mostrano crollo di oltre il 50% della Reach Organica media sulle pagine dal 2012 al 2014.
Questa diminuizione, se da un lato danneggia i possessori di pagina non è in realtà la conseguenza di una politica di Facebook che vuol far pagare chi possiede pagine. Il dubbio potrebbe insinuarsi, ma il numero di connessioni medie tra utenti ed altri utenti così come tra utenti e pagine è cresciuto tantissimo negli ultimi anni. Proporzionalmente all’aumento dei contenuti che un utente potrebbe ricevere, l’algoritmo deve diventare più selettivo.
Inutile arrabbiarsi, dunque. Meglio sbracciarsi per ottenere contenuti più graditi per i propri utenti.
Conclusioni
In qualche modo le sfide di Facebook e Google sui “contenuti di qualità” hanno dei punti di convergenza: si muovono entrambe su un binario che porti un beneficio agli utenti.
– Google vuole che in cima ci siano risultati di qualità per essere percepiti come fonte primaria e autorevole per ogni tipo di ricerca. Aumentando la qualità dei risultati, di riflesso Google viene usato di più, per la gioia degli advertiser.
– Facebook vuole che il newsfeed personale sia popolato da contenuti pertinenti e di qualità: questo genera maggiore interazione, con utenti spronati a rimanere più dentro dentro la piattaforma. Il tutto si concretizza con un incremento degli utenti all’esposizione pubblicitaria (e un possibile licenziamento abuso di social network in ore lavorative, ma questa è un’altra storia).
Un’ultima nota, importante, su una categoria a rischio: quella dei perenni inseguitori.
Chi ad inizio 2014 scriveva solo post testuali perché avevano maggiore reach, e quelli che nei primi mesi del 2015 hanno cominciato a caricare video su Facebook perché la piattaforma ha messo un po’ di “entusiasmo in più” su questo tipo di condivisione non dovrebbero comunque dimenticare una cosa fondamentale: nel mix, chi si concentra troppo sugli algoritmi piuttosto che sulla qualità, finirà con una platea talmente silenziosa da rendere vani e frustranti gli sforzi sui Social Media.
E voi, cosa ne pensate?
Autore: Antonio Parlato
Pedigree da ingegnere, propone variazioni sul tema di web writing, copywriting, content marketing, dissertazioni tecnologiche e tecnoillogiche.